CANE CHE ABBAIA DISTURBA CONDOMINIO

IL DANNO DA LATRATO

La I Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito, con la sentenza n° 715 del 2 dicembre 2010-14 gennaio 2011, che per il cane che abbaia anche di notte, arrecando disturbo al vicinato, ne risponde penalmente il padrone dello stesso.
La Suprema Corte di Cassazione, inoltre, precisa che chiunque arrechi disturbo, suscitando o non impedendo strepiti animali, risponderà del reato previsto e punito secondo l'ex art. 659 c.p. “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”. Tale sentenza si riferisce ai casi in cui i cani sembrano essere troppo vivaci e il loro abbaiare supera la soglia di tollerabilità. Secondo la Suprema Corte, in questo caso, il disturbo è continuo e non solo in un contesto cittadino ma anche se il cane è tenuto in aperta campagna.
In particolare, il “danno da latrato” era stato già introdotto mediante la sentenza n° 29375/2009 dalla I Sezione Penale della Corte, in cui una cinofila veniva multata con un'ammenda di 200 euro per disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, accompagnata da risarcimento del danno ai vicini che per lungo tempo erano stati disturbati dal continuo abbaiare dei cani. Nelle motivazioni veniva precisato che l'ululato dei cani non solo disturbava due famiglie che vivevano nella zona ma si sentiva fino a 100 m di distanza, nonostante il proprietario degli animali, sostenendo il proprio amore per gli stessi che accudiva gratuitamente, sostenesse che i cani essendo accuditi in aperta campagna, non disturbavano il vicinato, il cui lamento non poteva essere considerato. Ma la Suprema Corte, nella sentenza, aveva precisato che l'amore per gli animali “non discrimina la condotta” ed, inoltre, la locazione dei cani in campagna era una giustificazione irrilevante, in quanto anche le persone che abitano in campagna hanno diritto al rispetto del riposo e quindi se si desidera avere dei cani nei pressi di altre abitazioni, siano esse in campagna o in città, è necessario evitare il disturbo dei vicini.    
Per quanto riguarda il criterio di “normale tollerabilità”, secondo la Corte, “va riferito alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente dove vengono percepiti i rumori fastidiosi, mentre risulta irrilevante l'eventuale assuefazione di altre persone che abbiano giudicato non molesti i rumori”.
L'illecito sta quindi nel disturbo della quiete pubblica ed è caratterizzato da una componente psicologica che consiste nella natura volontaria della condotta posta in essere, che può essere ricavata dalle circostanze oggettive dei fatti: non è necessaria l'intenzione di disturbare la quiete pubblica o l'attività di altre persone (Cass. Sez. I, 26/10/1995 n° 11868), “ma l'elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle stesse”(Cass. Sez.I, 13/12/2007, n° 246).
Nella suddetta sentenza, la Corte Suprema ha specificato che la funzione di indagine di legittimità sulle motivazioni non è quella di valutare l'attendibilità delle prove, ma quella di verificare che gli elementi indiscutibili, che caratterizzano la decisione, siano stati presi secondo logica in modo da giustificare le disposizioni finali. Quindi, “ad una logica valutazione operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un'altra, ancorchè altrettanto logica”(Cass. 5/12/02; Cass. 06/05/03).

Alla fine, per quanto riguarda i requisiti di reato, la I Sezione Penale ha concluso: “la sussistenza dell'elemento psicologico della contravvenzione di cui all'art.659 c.p., attesa la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle obbiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass. Sez.I, 26/10/1995, n°11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle stesse (Cass. Sez.I  13/12/2007 n° 246) di guisa che rispondono del reato di cui all'art. 659 comma 1 c.p. gli imputati per non aver impedito, nonostante le reiterate proteste delle pp.ll., il molesto abbaiare, anche in ore notturne, dei due cani di loro proprietà, custoditi nel cortile della loro abitazione (per una fattispecie simile: Cass. Sez. I, 19/04/2001)”.www.studiocasa.re