IL DANNO DA LATRATO

La Suprema Corte di Cassazione,
inoltre, precisa che chiunque arrechi disturbo, suscitando o non impedendo
strepiti animali, risponderà del reato previsto e punito secondo l'ex art. 659
c.p. “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”. Tale sentenza si
riferisce ai casi in cui i cani sembrano essere troppo vivaci e il loro
abbaiare supera la soglia di tollerabilità. Secondo la Suprema Corte, in questo
caso, il disturbo è continuo e non solo in un contesto cittadino ma anche se il
cane è tenuto in aperta campagna.
In particolare, il “danno da
latrato” era stato già introdotto mediante la sentenza n° 29375/2009 dalla I
Sezione Penale della Corte, in cui una cinofila veniva multata con un'ammenda
di 200 euro per disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone,
accompagnata da risarcimento del danno ai vicini che per lungo tempo erano
stati disturbati dal continuo abbaiare dei cani. Nelle motivazioni veniva
precisato che l'ululato dei cani non solo disturbava due famiglie che vivevano nella
zona ma si sentiva fino a 100 m di distanza, nonostante il proprietario degli
animali, sostenendo il proprio amore per gli stessi che accudiva gratuitamente,
sostenesse che i cani essendo accuditi in aperta campagna, non disturbavano il
vicinato, il cui lamento non poteva essere considerato. Ma la Suprema Corte,
nella sentenza, aveva precisato che l'amore per gli animali “non discrimina la
condotta” ed, inoltre, la locazione dei cani in campagna era una
giustificazione irrilevante, in quanto anche le persone che abitano in campagna
hanno diritto al rispetto del riposo e quindi se si desidera avere dei cani nei
pressi di altre abitazioni, siano esse in campagna o in città, è necessario
evitare il disturbo dei vicini.
Per quanto riguarda il criterio di
“normale tollerabilità”, secondo la Corte, “va riferito alla media sensibilità
delle persone che vivono nell'ambiente dove vengono percepiti i rumori
fastidiosi, mentre risulta irrilevante l'eventuale assuefazione di altre
persone che abbiano giudicato non molesti i rumori”.
L'illecito sta quindi nel
disturbo della quiete pubblica ed è caratterizzato da una componente
psicologica che consiste nella natura volontaria della condotta posta in
essere, che può essere ricavata dalle circostanze oggettive dei fatti: non è
necessaria l'intenzione di disturbare la quiete pubblica o l'attività di altre
persone (Cass. Sez. I, 26/10/1995 n° 11868), “ma l'elemento essenziale della
fattispecie di reato in esame è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un
numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle
stesse”(Cass. Sez.I, 13/12/2007, n° 246).
Nella suddetta sentenza, la Corte
Suprema ha specificato che la funzione di indagine di legittimità sulle
motivazioni non è quella di valutare l'attendibilità delle prove, ma quella di
verificare che gli elementi indiscutibili, che caratterizzano la decisione,
siano stati presi secondo logica in modo da giustificare le disposizioni
finali. Quindi, “ad una logica valutazione operata dal giudice di merito, non
può quello di legittimità opporne un'altra, ancorchè altrettanto logica”(Cass.
5/12/02; Cass. 06/05/03).
Alla fine, per quanto riguarda i
requisiti di reato, la I Sezione Penale ha concluso: “la sussistenza
dell'elemento psicologico della contravvenzione di cui all'art.659 c.p., attesa
la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle
obbiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l'intenzione
dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass. Sez.I, 26/10/1995,
n°11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è
l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone
e non già l'effettivo disturbo alle stesse (Cass. Sez.I 13/12/2007 n° 246) di guisa che rispondono
del reato di cui all'art. 659 comma 1 c.p. gli imputati per non aver impedito,
nonostante le reiterate proteste delle pp.ll., il molesto abbaiare, anche in
ore notturne, dei due cani di loro proprietà, custoditi nel cortile della loro
abitazione (per una fattispecie simile: Cass. Sez. I, 19/04/2001)”.www.studiocasa.re